Sull'intramoenia Schillaci attacca. Dura la replica dei medici
Il ministro della Salute a La Stampa: "La libera professione non può negare la prestazione pubblica". Piccata la risposta di Anaao e Cimo-Fesmed. "Si tratta di una scelta autonoma e un'attività fuori dall'orario di lavoro che porta risorse al Ssn"
Il sasso nello stagno lo lancia ancora una volta il ministro della Salute, Orazio Schillaci, che dichiara: “La libera professione dei medici è un diritto, ma non può negare la prestazione pubblica. Il problema nasce quando ci sono più prestazioni a pagamento che nel Servizio sanitario nazionale, quando l'attesa pubblica è di sei mesi e l'intramoenia di due settimane”. E poi, sempre parlando a La Stampa, rincara: “Se lo sbilanciamento nega il diritto alle cure, è verosimile ipotizzare una sospensione temporanea. Il patto è chiaro: prima il pubblico, poi il privato convenzionato. Dove vediamo criticità, interveniamo per garantire equità”.
Un passaggio, quello del ministro, che arriva sulla scorta degli ultimi dati, secondo cui l’intramoenia negli ospedali è crescita del 10%. Eppure, tanto basta per scatenare le dure reazioni dei sindacati dei medici. “Ci stupiscono le dichiarazioni del ministro della Salute, riportate oggi da organi di informazione, secondo cui vorrebbe sospendere l’intramoenia per sbloccare le liste d’attesa. Siamo convinti siano state fraintese, conoscendo la determinazione con cui lo stesso Ministro ha sempre difeso con forza questa attività”, commenta Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed. E prosegue: “L’intramoenia, svolta peraltro solo dal 38% degli aventi diritto, non è la causa delle liste d’attesa”.
Anaao poi rincara: “È una libera scelta ed è un’attività che si svolge al di fuori dell’orario di lavoro, senza dimenticare che le agende delle liste di attesa sono in capo alle aziende e non già al singolo professionista. Inoltre occorre anche ricordare che i proventi derivati dall’intramoenia portano denaro non nelle tasche de medici che percepiscono solo il 30% ancora da tassare della visita, bensì nelle casse delle aziende. Infine esiste una legge, inapplicata da 26 anni, che tutela il cittadino in caso di attesa al di là dei tempi previsti per una visita, assicurandogli la stessa in regime privato”.
“Continuare con questo clima di caccia alle streghe, nei riguardi di quel che resta di libertà professionale (più psicologica che reale), è dannoso non solo per il rapporto tra istituzioni e medici ma ancor più tra medici e pazienti ormai addestrati, dalle continue e nemmeno tanto velate accuse, a cercare e trovare comunque un capro espiatorio. Basta tentare di riversare sui medici e sui dirigenti sanitari colpe che sono esclusivamente ascrivibili al fallimento di tutta la politica nella salvaguardia del Ssn! Ognuno si assuma le proprie responsabilità – conclude Di Silverio - come facciamo noi che ogni giorno continuiamo nonostante tutto a reggere, non le discussioni sul Servizio pubblico bensì la sua struttura. Senza professionisti non esiste sanità, senza sanità non esiste salute”.
Non meno dura la reazione della federazione Cimo-Fesmed. “Davvero si vuole continuare a raccontare la favola che le liste d’attesa siano colpa dell’intramoenia? E che sospenderla farebbe miracolosamente sparire i ritardi? La proposta” di Schillaci “è pura propaganda spacciata per soluzione. Appare tra l’altro una contraddizione con quanto deciso da Regione Lombardia, che ha istituito la ‘super-intramoenia’ e che probabilmente si estenderà al resto d’Italia: Governo e Regioni non si parlano?”, attacca Guido Quici, Presidente del sindacato dei medici.
“L’intramoenia – sottolinea Quici – non ruba un solo minuto all’orario di lavoro: i medici la fanno dopo il turno, visitando più pazienti e trattenendo appena il 30% di quanto chiesto in fattura. Il restante 70% va dritto a finanziare il Ssn e, paradossalmente, proprio a ridurre le liste d’attesa. Sospenderla significherebbe solo togliere risorse alla sanità pubblica e regalare pazienti al privato”. “E poi c’è la questione più grave: senza l’intramoenia i medici del Ssn avrebbero un altro motivo per andarsene. Risultato? Ancora più carenze, ancora più fughe, ancora più liste d’attesa. Altro che soluzione: sarebbe un boomerang devastante”. “La ricetta per ridurre le attese la conosciamo tutti, tranne chi preferisce lo slogan facile: potenziare la sanità territoriale, riaprire ambulatori e posti letto, assumere personale, riorganizzare e rimettere ordine a un sistema che cade a pezzi. Tutto il resto è fumo negli occhi. Sospendere l’intramoenia – conclude Quici – non risolve un problema: lo fa esplodere”.
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