18 Novembre 2025

Bambini e psicofarmaci, tutte le ragioni di un rapporto sempre più stretto

Parla a Nursind Sanità la presidente dei neuropsichiatri infantili Fazzi: "Anche se le prescrizioni aumentano, le possibilità di accoglienza dei servizi sono insufficienti per mancanza di personale”

Di Elisabetta Gramolini
Bambini e psicofarmaci, tutte le ragioni di un rapporto sempre più stretto

La naturale conseguenza di una più attenta diagnosi. Il segnale di una più ampia disponibilità di farmaci rispetto al passato. Il campanello di un allarme che deve destare preoccupazione. La lista delle considerazioni da fare a proposito dei dati contenuti nel recente Rapporto OsMed sull’uso degli psicofarmaci in età pediatrica pubblicato dall'Aifa è lunga e tutta da vagliare. In base al documento, nel 2024 la prevalenza nell’uso di medicinali sotto i 17 anni era più che doppia rispetto al 2020, passando dallo 0,26% allo 0,57%. L’aumento, secondo la professoressa Elisa Fazzi, presidente della Società italiana di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza (Sinpia), è un segnale importante che merita attenzione, ma non va letto solo come “allarme”. Il dato infatti può riflettere un miglioramento delle diagnosi e la risposta a bisogni reali. Alla crescita di ricette, il contributo della pandemia è probabilmente rilevante, secondo l’esperta, tuttavia non esaurisce il fenomeno. Allo stesso tempo, non bisogna credere che più farmaci siano sinonimo di più giovani aiutati perché in alcune Regioni mancano le strutture o i servizi di neuropsichiatria infantile sono sottodotati in termine di personale.

Come legge i dati sull’aumento delle prescrizioni di psicofarmaci in età pediatrica?
Il dato può creare preoccupazione, ma non va interpretato in modo acritico, come segnale di eccesso di prescrizione incontrollata. Due sono le letture possibili e probabilmente concorrono entrambe. Una diagnosi più attenta, ovvero un aumento delle diagnosi di disturbi neuropsichiatrici in età pediatrica era atteso e in parte salutare. Negli ultimi anni c’è stata una maggiore consapevolezza dei disturbi dell’età evolutiva (disturbi del neurosviluppo come Adhd, disturbi d’ansia/depressione, difficoltà del comportamento), e quindi può essere che bambini e adolescenti che prima restavano sotto-diagnosticati oggi vengano più facilmente identificati e, quando serve, trattati anche farmacologicamente.

E la seconda lettura?
Maggiore disponibilità e ricorso ai farmaci: parallelamente, potrebbe esserci una maggiore propensione - sia da parte dei clinici che dei familiari - a utilizzare gli psicofarmaci. Il rapporto OsMed segnala che i farmaci psicotropi prescritti (antipsicotici, antidepressivi, farmaci per l’Adhd) sono tra le classi in aumento. Un punto chiave è capire se l’aumento è ‘appropriato’ (cioè collegato a reali e correttamente interpretati bisogni clinici) oppure in parte dovuto a pratiche prescrittive eccessive, scarse alternative psicoterapeutiche o mancanza di investimenti nei servizi di neuropsichiatria infantile. Quindi, è un segnale che va valutato con cautela: non necessariamente negativo, ma che merita attenzione. 

Quanto è da imputare al periodo contrassegnato dalla pandemia di Covid-19?
La pandemia ha sicuramente avuto un ruolo significativo. Diversi rapporti, fra i quali quello di Aifa, suggeriscono che parte dell’aumento dell’uso di psicofarmaci nei giovani sia collegato all’impatto psicologico del lockdown, della quarantena, dell’isolamento sociale, dell’incertezza. La pandemia ha aumentato non solo lo stress, ma anche la vulnerabilità: molti adolescenti hanno vissuto traumi, perdita di routine, peggioramento della salute mentale, che possono aver reso più necessario un intervento (anche farmacologico) nei casi più gravi. Dall’analisi storica si nota che c’è stato un ‘forte aumento nel 2020 durante l’emergenza pandemica’ nei consumi di psicofarmaci. Tuttavia, va precisato che non tutto l’aumento è ‘solo pandemia’: il trend è in parte proseguito anche dopo e l’aumento non sembra completamente casuale rispetto a un picco transitorio. Quindi la pandemia è un fattore importante, ma non spiega tutto da solo. 

Alcuni specialisti dopo la pubblicazione del rapporto hanno sottolineato come, in verità, in Italia molti bambini e adolescenti con disturbi psichici non ricevano ancora un aiuto adeguato. È così?
Sì, è una preoccupazione legittima. Secondo la Società italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Sinpia), ci sono circa 2milioni di bambini e adolescenti 0-18 anni in Italia con disturbi neuropsichiatrici rilevanti (1 su 5 o 20 su 100). Anche se crescono le prescrizioni, la possibilità di accoglienza dei servizi specialistici di neuropsichiatria infantile e del personale delle equipe multiprofessionali che ne fanno parte (neuropsichiatri infantili, psicologi/psicoterapeuti, infermieri, educatori, terapisti della riabilitazione ecc.) è insufficiente per mancanza di personale.   

In che misura?          
In Italia, ci sono solo 403 letti per il ricovero in neuropsichiatria infantile (cinque Regioni non hanno nemmeno un letto) ed i servizi territoriali sono ampiamente sottostimati sia in termini di strutture sia di personale. L’accesso ai trattamenti non farmacologici (riabilitazione, psicoterapia, interventi psicosociali e psicoeducativi) è limitato e spesso le famiglie non riescono ad accedere ad un percorso adeguato. La scarsa rete di assistenza e la carenza di risorse (personale, strutture dedicate, fondi) rendono probabile che esista un ‘sommerso’: ragazzi con bisogni clinici non diagnosticati o non trattati adeguatamente, oppure trattati solo parzialmente. In altre parole, l’aumento dell’uso di psicofarmaci non significa automaticamente che i bisogni siano tutti soddisfatti; può coesistere con una ampia fetta di casi, soprattutto quelli meno gravi, che potrebbero beneficiare di interventi non farmacologici, ma che non riescono ad accedere ai servizi.

È vero che in altri Paesi europei la prescrizione di psicofarmaci in età pediatrica è superiore a quella italiana?
Sì, a quanto indicano i dati e le analisi. Il rapporto OsMed dell’Aifa stesso fa un confronto: la prevalenza d’uso in Italia (0,57% nel 2024) rimane ‘sensibilmente più bassa’ rispetto ad altri Paesi.  il dato della Francia è circa 1,61% per minori, quasi tre volte quello italiano. Studi epidemiologici internazionali mostrano ampia variabilità: una review europea descrive differenze notevoli tra Paesi in termini di prescrizioni per disturbi psichiatrici per bambini e adolescenti.  Quindi, l’Italia ha da sempre un tasso relativamente basso di psicofarmaci prescritti a minori rispetto ad alcuni altri Paesi, il che indica una maggiore prudenza prescrittiva.

Quali sono le sfide che crede non debbano essere eluse nella corretta assistenza psichiatrica delle giovani generazioni?
Credo che le principali sfide siano, in primo luogo, migliorare l’accesso ai servizi, potenziando la rete di neuropsichiatria per l'infanzia e l'adolescenza e riducendo le disuguaglianze territoriali, dato che in molte Regioni possono mancare strutture o specialisti che costringono le famiglie a lunghe attese o a rivolgersi al privato o a migrare in altre Regioni. Favorire un uso appropriato dei farmaci, promuovendo linee guida chiare su quando prescrivere psicofarmaci, soprattutto in età evolutiva, su quali classi utilizzare e migliorare comportamenti relativi all'appropriatezza prescrittiva farmaceutica, evitando quelle non necessarie, e promuovendo il follow-up e la valutazione periodica dell’opportunità terapeutica. Ma non finisce qui.

Cos’altro occorre fare?         
Garantire alternative non farmacologiche tramite l’offerta di psicoterapie individuali e di gruppo, interventi psicoeducativi, programmi di supporto scolastico/familiare. Integrare gli interventi e l’uso dei farmaci quando appropriato sempre in un contesto multidisciplinare. Educare i pediatri, i medici di base, gli insegnanti e le famiglie sul riconoscimento precoce dei disturbi psichiatrici nei giovani, combattendo lo stigma. Bisogna poi continuare a raccogliere i dati per monitorare le prescrizioni, ma anche i risultati clinici per capire quanto i farmaci siano efficaci e sicuri e quali siano gli effetti collaterali. Infine occorre incrementare il budget per i servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, al fine di assumere neuropsichiatri infantili, psicologi, educatori, terapisti della riabilitazione, infermieri specializzati.

 

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