17 Dicembre 2025

Semestre filtro, la bufera continua. Anche Gimbe stronca la riforma

La ministra Bernini alla Camera: "Troppo presto per parlare di fallimento". Ma apre a modifiche. Le opposizioni attaccano: "Un disastro". La Fondazione: "Flop annunciato. Il problema non è la carenza di medici, ma l'abbandono del Ssn"

Di NS
Semestre filtro, la bufera continua. Anche Gimbe stronca la riforma

Forse non saranno dei “poveri comunisti” come li ha apostrofati urlando la ministra dell’Università e della ricerca, Anna Maria Bernini, durante la festa di Atreju, ma sicuramente gli studenti che la contestavano non avevano del tutto torto, visto che adesso la stessa Bernini ha aperto a un ripensamento della riforma sul cosiddetto semestre filtro per l’accesso a Medicina.

Oggi, in un infuocato question time alla Camera, Bernini ha rassicurato che “nessuno dei 55mila studenti perderà l’anno”, ma le opposizioni hanno replicato in modo molto duro. La ministra ha chiarito: “Parlare di fallimento perché meno del 10% ha superato tutte le prove al primo colpo significa non avere compreso il senso della riforma. Siamo al primo tempo e mezzo di una procedura in tre tempi. È fisiologico che una prova autentica produca risultati reali e diversificati”.

Bernini ha annunciato una informativa al Parlamento che terrà domani. Ha pure evidenziato che comunque gli studenti stanno accantonando crediti e che la graduatoria finale verrà colmata anche mediante debiti d’esame. Infine ha sbandierato la trasparenza degli esami, facendo riferimento ai dati del Consorzio Cineca: “Al primo appello, su 55mila candidati, solo 17 sono stati sanzionati per l’uso di cellulari. I milioni di dati analizzati ci dicono che non c’è stata alcuna fuga sistematica”.

Il deputato M5s Antonio Caso ha risposto tuttavia a muso duro: “Pur di portare avanti questa vostra becera propaganda avete partorito una riforma che era un disastro annunciato, e così è stato”. Poi ha rincarato: “Lei è stata molto restia ad ascoltare quegli studenti che proprio voi avete utilizzato come cavie; quegli studenti che lei ha ben pensato di insultare, di definire ‘poveri comunisti’, ‘inutili’. Un ministro dell’Università e della ricerca che fa questo ha una sola strada: le dimissioni”. E infine: “Lei e il suo governo verrete ricordati come quelli che l’università pubblica l’hanno distrutta”.

Bernini, va detto, ha ribadito che non ci sarà alcun passo indietro sugli esami di accesso, ma durante l’incontro con il Consiglio nazionale degli studenti universitari (Cnsu) ha comunque mostrato disponibilità a ripensare l’assetto della riforma. E ha proposto infatti l’istituzione di un tavolo di confronto permanente con gli studenti stessi.

Su un piano più tecnico a stroncare il semestre filtro oggi è anche la Fondazione Gimbe che parla di “flop annunciato per una riforma superflua”, senza considerare che “le modalità adottate non premiano il merito”. Gimbe spiega che “oltre 90mila medici non lavorano nel Ssn”, ma “il problema non è la carenza”, bensì “la fuga dal pubblico e le specialità non attrattive”. Secondo la Fondazione “occorre avviare una profonda riflessione politica sulla scelta di formare più medici” e “restituire attrattività e prestigio alla carriera nel Ssn, in particolare per i medici di famiglia e le specialità disertate. Altrimenti continueremo ad investire denaro pubblico per laureare medici da destinare al libero mercato o all’estero”.

Gimbe ricorda che secondo i dati Ocse, aggiornati al 5 dicembre 2025 e riferiti a tutti i medici attivi in Italia dalla laurea al pensionamento, nel 2023 si contavano 315.720 medici, pari a 5,4 ogni 1.000 abitanti. Un valore superiore sia alla media Ocse (3,9) sia alla media dei Paesi europei (4,1), che colloca l’Italia in seconda posizione tra i 31 Paesi che forniscono il dato.

“Il problema italiano – evidenzia il presidente Nino Cartabellotta – non è rappresentato dalla mancanza di medici in termini assoluti, ma dal loro progressivo abbandono del Ssn e da carenze selettive, perché sempre meno giovani scelgono la medicina generale e alcune specialità cruciali, ma poco attrattive”. Per i medici di famiglia, sulla base dei dati Sisac, al primo gennaio 2024 la Fondazione stima una carenza di 5.575 unità.

Per i medici specialisti, la penuria può essere stimata solo analizzando i tassi di accettazione dei contratti di formazione specialistica. Nel concorso 2025-2026, a fronte di 14.493 contratti, ne sono stati assegnati 12.248 (85%), ma con tassi di assegnazione bassi o molto bassi in aree cruciali per il funzionamento del Ssn: medicina d’emergenza-urgenza, chirurgia generale, medicina di comunità e delle cure primarie, radioterapia e tutte le specialità di laboratorio.

Rispetto ai posti programmati, invece, negli ultimi 10 anni accademici ne sono stati messi in carniere 152.159 nei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, con un trend in costante aumento. In particolare, negli ultimi tre anni i posti a bando sono aumentati di oltre il 51% (da 15.876 a 24.026) e con la riforma Bernini nel 2025-2026 di ben 3.159 unità rispetto all’anno precedente.

Infine, un occhio alle uscite per quiescenza. Secondo Agenas, tra il 2026 e il 2038 andranno in pensione oltre 39mila medici dipendenti e tra il 2026 e il 2035 più di 20mila medici convenzionati, pari a una riduzione media di circa 5mila unità l’anno. “Un numero di pensionamenti che, già prima della riforma Bernini, risultava ampiamente compensato dall’offerta formativa esistente”, spiega il Gimbe.

Alla luce di questi dati Cartabellotta attacca: “La riforma Bernini è stata lanciata con slogan populisti: ‘abolizione del numero chiuso’, ‘stop al test d’ingresso’, ‘offerta formativa d’eccellenza’. E ha puntato su una selezione basata su esami di merito da sostenere dopo un semestre filtro di formazione su tre materie: biologia, chimica e fisica. Ma nei fatti il numero ‘chiuso’ non è mai stato abolito e sono state concentrate almeno 450 ore di lezioni e studio in soli 60 giorni, con didattica prevalentemente a distanza e scarsa interazione con i docenti. Il tutto culminato in un triplice esame universitario svolto in un contesto di concorrenza tossica, con tre prove consecutive (87 secondi a domanda), intervallate da una pausa di 15 minuti”.

L’ipotesi oggi sul tavolo è l’adozione di una graduatoria nazionale che includa tutti i candidati fino all’esaurimento dei posti disponibili, demandando ai singoli atenei il recupero dei debiti formativi. “Una sanatoria – commenta il Presidente – che certifica il fallimento della riforma Bernini: dall’ambiziosa pretesa di una selezione basata sul merito all’inevitabile compromesso del ‘6 politico’. Con tempi talmente compressi da costringere a chiudere un occhio, se non entrambi, sul reale livello di preparazione degli studenti”.

“Per realizzare un sistema di accesso coerente con i bisogni del Ssn – aggiunge Cartabellotta – la Fondazione Gimbe propone alcune azioni correttive”. Tra le priorità: garantire supporto economico e logistico agli studenti del semestre filtro; rivedere tempi e modalità delle prove, affiancando ai quiz strumenti in grado di valutare le attitudini alla professione medica; rafforzare sicurezza e uniformità delle selezioni. “Ma soprattutto, è indispensabile un coinvolgimento stabile di tutti gli stakeholder, sotto la regia congiunta di Mur e ministero della Salute, evitando approcci unilaterali e soluzioni ‘muro contro muro’”.

“La riforma Bernini – conclude Cartabellotta – ha alimentato l’illusione che laureare più medici fosse la panacea per risolvere i problemi del Ssn. I dati raccontano invece una realtà ben diversa”. Quindi “è evidente che senza interventi mirati per risolvere queste criticità la riforma rischia di utilizzare risorse pubbliche per formare una nuova pletora medica destinata al libero mercato, in una sanità dove il pubblico arretra e il privato avanza. E visto che gli obiettivi dichiarati, migliorare la qualità della formazione e valorizzare capacità e merito, sono clamorosamente falliti, è indispensabile mettere da parte polemiche politiche e procedere in maniera costruttiva con la ‘riforma della riforma’”.


 

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