26 Gennaio 2023

La tragedia del Pertini e la carenza di ostetriche, nei reparti è caos

Mancano 20mila professioniste: molte cambiano lavoro, altre fanno turni da 12 ore oppure a volte restano a casa anche se hanno vinto un concorso. Pileri (Nursind): “Un disegno deliberato per screditarci”

Di U.S.V.

La carenza di personale sanitario è una grande ferita sanguinante. Ma la tragedia del Sandro Pertini di Roma accende un riflettore in particolare su un angolo di quella ferita: la carenza delle ostetriche. Si tratta di una figura professionale di importanze cruciale e di grande competenza, da non confondere con le antiche levatrici, che tuttavia non beneficia del giusto riconoscimento contrattuale ed economico, ma soprattutto sociale e culturale.

In Italia ne mancano circa 20mila, secondo i dati della Fnopo, la Federazione nazionale degli ordini della professione di ostetrica. La presidente, Silvia Vaccari, parlando a La Stampa torna a denunciare: “Oggi in Italia siamo 20.885, ma di queste il 20% è in pensione o è andata all'estero, quando non ha proprio cambiato mestiere. Se dovessimo fare un calcolo sulla base dei fabbisogni delle donne, diciamo che all'appello ne mancano altrettante. Ventimila. Per non parlare del fatto che sono anche mal distribuite, sia negli ospedali sia nel territorio”. Il Nice, una “organizzazione inglese di fama mondiale che promuove le linee guida per la buona pratica clinica, ha stabilito che ogni donna in travaglio dovrebbe essere assistita da un'ostetrica. Noi invece siamo lontanissimi da un rapporto uno a uno. Abbiamo strutture dove a turno tre ostriche devono seguire tremila parti l'anno”, ribadisce Vaccari.

Insomma, la categoria rigetta tutte le strumentalizzazioni seguite al caso del neonato morto per soffocamento al Pertini, mentre infuriano le polemiche sulla pratica del rooming in, sui pro e i contro di affidare da subito, e senza pause, il neonato alla madre. A Nursind Sanità parla Fausta Pileri, ostetrica coordinatrice in sala parto e ostetricia della Aou di Sassari e membro della direzione nazionale del sindacato Nursind: “La carenza di ostetriche inizia con lo smantellamento del Ssn. E a pagarne le conseguenze sono in prima battuta i pazienti. Spesso in reparto ci sono in turno due o tre professioniste quando dovrebbero essercene cinque”. I buchi strutturali derivano dai “vincoli di spesa per il personale” e dalla carenza di posti ai corsi di laurea. “Mancano ostetriche sul mercato - ribadisce Pileri – e i fabbisogni regionali non vengono soddisfatti. Dall’altra parte ci sono casi di ostetriche laureate che non sono state chiamate e sono andate a fare le Oss”. Ma, come accennato, il vero problema è connesso alla svalutazione socio-culturale della figura, in un Paese affetto da una gravissima denatalità. “C’è stato un disegno deliberato per screditarci a beneficio di altre professioni – spiega la sindacalista Nursind – Prima avevamo la condotta ostetrica ed eravamo più considerate. Adesso una donna che viene a partorire non si ricorda nemmeno di chi l’ha assistita. Abbiamo pure visto cosa è accaduto con il bonus baby sitting che fu concesso a tutti tranne che alle ostetriche e la questione dell’indennità di specificità è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”.

Il tema è diventato politico dopo la tragedia di Roma. Con una dinamica che investe in pieno il governo. Così Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, si rivolge al collega alla Salute Orazio Schillaci: “Oggi spesso le neomamme sono sole, non c'è più la rete di parentela che le sosteneva. Dobbiamo ricostruirla”. Dall’opposizione l’europarlamentare Alessandra Moretti, del Pd, ribadisce i numeri della carenza di ostetriche e attacca: “Mi rivolgo al ministro Schillaci ed alla prima premier della storia italiana: cosa aspettate a dare più assistenza alle donne? Dalle ostetriche arriva un grido di allarme”, dunque almeno “la Meloni si renda conto che non possiamo lasciare sole queste donne che hanno il grande privilegio di far nascere vite. Mai più deve accadere che una mamma sia lasciata sola a se stessa nelle ore più delicate. Il rooming in sarà anche una buona pratica ma è obbligatorio che le donne che hanno appena partorito non siano mai abbandonate”. Il “fuoco amico” su Schillaci arriva però dalla Lega. La senatrice Elena Murelli, capogruppo in commissione Affari sociali e madre di tre figli, presenta una interrogazione sul caso del Pertini e chiede “un intervento governativo per predisporre adeguati accertamenti sull'episodio e individuare delle opportune soluzioni al fine di stabilire un modello di rooming in che preveda un'assistenza continua della madre come avviene in altri Stati Europei. Non solo, prescriva obbligatoriamente il modello del nido nelle ipotesi in cui, come quella della pandemia da Covid-19, non sia possibile l'ingresso di famigliari e dunque l'assistenza continua della neo-mamma”. Il ministro da parte sua ha immediatamente chiesto una relazione dettagliata alla Regione Lazio per chiarire la dinamica della vicenda e verificare il rispetto dei protocolli e delle procedure previste. Quanto accaduto all’ospedale Pertini ha fatto emergere problematiche che hanno riguardato, e possono riguardare, molte altre donne, e Schillaci intende “affrontarle mettendo in atto tutte le misure necessarie a garantire piena sicurezza delle partorienti e dei bambini”. Così come è impegnato a “promuovere ogni intervento utile ad assicurare adeguate condizioni di lavoro alle ostetriche e al personale sanitario addetto ai reparti di ostetricia e ginecologia”.

Tirando le somme, siamo di fronte a scenari delicatissimi in cui si incrociano il cambiamento dei modelli sociali, i sentimenti ambivalenti e contrastanti che la puerpera può vivere e la carenza strutturale del Servizio sanitario nazionale. Loredana Capone, presidente del Consiglio regionale della Puglia, ha annunciato una mozione con la quale si chiederà alla giunta di impegnarsi a offrire l'assistenza ostetrica a domicilio in favore delle donne pugliesi. Invece a Roma, nella Asl 2, si assiste al paradosso, raccontato da Fanpage, delle ostetriche vincitrici di concorso che vengono lasciate a casa, mentre i reparti sono sguarniti. Al San Martino di Genova, al contrario, le professioniste in servizio devono affrontare turni fino a 12 ore consecutive in attesa che si facciano nuove assunzioni. Insomma, il solito caos all’italiana sulla pelle delle donne: da un lato le neo-mamme e dall’altro le professioniste che si prendono cura di loro.

 

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