"Per l'emergenza-urgenza servono più medici e infermieri"
Il presidente Simeu, Fabio De Iaco, parla a Nursind Sanità: "C'è bisogno di assunzioni, ma occorre anche migliorare la qualità del lavoro per renderlo attrattivo. In manovra? Nessuna traccia di una riforma strutturale"

L'emergenza dentro l'emergenza. Potremmo sintetizzare così la grande sofferenza che vivono i servizi sanitari di urgenza nel fronteggiare il picco dell'influenza, accompagnato dalla recrudescenza del Covid. Un mix che sta mettendo in ginocchio un settore che vive da sempre una grave carenza di personale.
A fine 2022 i medici e gli infermieri dell’emergenza-urgenza del Simeu avevano lanciato un grido di allarme, come avevamo raccontato su queste pagine, denunciando, con il presidente nazionale Fabio De Iaco, una mancanza di 4 mila medici in particolare nei Pronto soccorso che, insieme al servizio 118, si fa carico delle urgenze. A oltre un anno di distanza non si registrano miglioramenti, anzi Simeu riscontra ancora la stessa carenza di medici, che si somma a quella di 12mila infermieri. In più, facendo il punto con Nursind Sanità, segnala un aumento degli accessi al Pronto soccorso durante le festività in media del 25-30% su tutto il territorio, con picchi del 60%.
Come ha vissuto il personale del settore queste ultime settimane?
Per chi opera nell'emergenza le vacanze sono un lusso e la maggioranza del personale non ha potuto riposare. Il problema è che, in un momento di diffusione dell'influenza e con il Covid che torna a colpire, molti medici di medicina generale erano in ferie e quindi i pazienti si sono dovuti rivolgere all'emergenza.
Ma 118 e pronto soccorso sono pronti a questo aumento di richieste?
Certo che no se pensiamo che già nella normalità il personale è al massimo della produttività. Negli ultimi 20 giorni abbiamo riscontrato un intasamento dei pronto soccorso con un incremento degli accessi del 25-30% e picchi del 60% ad esempio in Lazio e Campania. Si nota poi un aumento dei viaggi delle vetture del 118 attorno al 20%.
In emergenza gli ospedali chiamano personale esterno, cioè autonomi o associati di cooperative. Con questi inserimenti la situazione non migliora?
Sono contributi molto utili perché senza di loro non potremmo coprire i turni, ma sono una soluzione tampone. Parliamo di medici e infermieri che magari lavorano in un pronto soccorso due notti al mese, quindi senza nessuna continuità. E' chiaro che non possono essere inseriti appieno nell'organizzazione e hanno una responsabilità oggettiva inferiore rispetto al personale interno che opera ogni giorno.
Quali sono le richieste più urgenti alla politica?
Sicuramente servono più medici e infermieri nei reparti di emergenza. Se pensiamo che ogni mille medici che vanno in pensione ne entrano solo 500, noi stimiamo che nel 2030 resterà personale solo nel 30% circa delle strutture. Oltre alle assunzioni però bisogna migliorare la qualità del lavoro per rendere questo mestiere appetibile ai giovani, che si trovano di fronte a turni massacranti e mancati riposi per una retribuzione che non è assolutamente all'altezza.
Nella legge di Bilancio da poco approvata dal Parlamento c'è qualche segnale positivo?
No. Ci sono i fondi per il rinnovo del contratto e per l'abbattimento delle liste di attesa, ma sono risorse che andranno principalmente alla sanità privata. Non troviamo nulla sulla progettazione del futuro, nessuna traccia di una riforma strutturale che è quello che chiediamo da tempo.
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