15 Luglio 2024

Covid d'estate, Pregliasco: "La sua variabilità lo rende insensibile al caldo"

Il direttore sanitario del Galeazzi a Nursind Sanità: "Il virus non ha bisogno dell'inverno come l'influenza". Poi critica governo e maggioranza: "L'approccio ai vaccini è più burocratico, manca il sostegno politico"

Di Ulisse Spinnato Vega
Fabrizio Pregliasco (da profilo Facebook)
Fabrizio Pregliasco (da profilo Facebook)

Malgrado l’estate bollente il Covid torna a far parlare di sé. L’incidenza del virus sta crescendo con la sottovariante di JN.1 chiamata KP.3 e confermata dall’Iss come dominante. I sintomi, che durano di norma da pochi giorni a una settimana, sono grossomodo quelli conosciuti: tosse, difficoltà respiratorie, a volte brividi e febbre, in alcuni casi dolori muscolari, mal di gola e mal di testa o persino nausea, vomito e diarrea. O ancora perdita di gusto e olfatto e nelle evenienze più gravi riecco le comorbilità e le complicanze come le polmoniti, che hanno terrorizzato la popolazione nella fase acuta della pandemia.

“È un virus camaleontico – spiega a Nursind Sanità il virologo Fabrizio Pregliasco, igienista dell’Università di Milano e direttore sanitario del Galeazzi –. Gran parte delle varianti non diventa famosa perché rimane inefficiente e non funziona. Come se fosse prodotta da una cuoca disattenta che non segue la ricetta. A volte, però, una ricetta modificata rende le torte più ‘buone’ e quindi il virus riesce a penetrare e a diffondersi. D’altronde è il principio darwiniano che lo porta ad adattarsi per moltiplicarsi. La sua ampia variabilità, superiore all’influenza, lo sta rendendo insensibile alle condizioni meteo”.

La sottovariante KP.3, prosegue l’esperto, “si avvantaggia poi di questa nostra situazione di immunità ibrida. È una variante immuno-evasiva e più benevola, visto che fa comunque parte delle Omicron. Presumo che assisteremo in futuro a onde in salita e discesa, che andranno via via a calmarsi come quelle provocate da un sasso in uno stagno. Certo, noi naturalmente abbiamo un patrimonio di immunizzazione, ma dopo quattro-sei mesi questa barriera tende a decadere e il virus prova ad aggirarla. È come se ci facessimo un identikit del cattivo, ma lui cambia i suoi connotati e tenta di ingannarci. Noi alla fine lo riconosciamo comunque ed è per questo che, tranne gravi casi, ci fa meno male”.

In modo felpato Pregliasco entra poi nella polemica, rinfocolata dall’ultimo report Oms, che investe le mancate coperture vaccinali contro il Sars-Cov-2, soprattutto in riferimento ad anziani, fragili e operatori sanitari. E critica il nuovo approccio politico-istituzionale al nodo Covid: “Abbiamo comunque una ventina di persone che muoiono ogni settimana. E i dati sono sottostimati perché naturalmente l’osservazione dei tamponi fatti è lacunosa e molta gente i tamponi nemmeno li fa più. È scontato che ci sia un fenomeno fisiologico di resilienza e di abbassamento della percezione del rischio da parte delle persone. Ma il Covid è stato da subito un grande tema politico, di policy sanitaria; diciamo che alcuni partiti hanno dato voce, fomentato e cavalcato la sfiducia nella scienza e negli effetti dei vaccini. Dunque – conclude il virologo – oggi abbiamo una strategia di immunizzazione, diciamo, più burocratica e non confortata da un afflato, da uno slancio politico forte”.


Sempre più vicini ai nostri lettori.
Segui Nursind Sanità anche su Telegram